Patrizio Gonnella, voce autorevole nel panorama dei diritti e presidente dell'Associazione Antigone, non usa giri di parole per demolire l'operato del Governo Meloni in materia di sicurezza.
Le sue dichiarazioni non sono un'analisi, ma un atto d'accusa impietoso contro un esecutivo che, a suo dire, sta deliberatamente calpestando la democrazia e la dignità umana con leggi liberticide e anticostituzionali.
La tanto sbandierata "sicurezza" di questo governo?
Nient'altro che una sfacciata "truffa", ideata per colpire i più deboli e confinarli nell'ombra del carcere.
Un "disprezzo palese" per il Parlamento: Il metodo anti-democratico
Il primo, gravissimo, attacco mosso da Gonnella riguarda il metodo scelto dal Governo Meloni: il passaggio brutale da un disegno di legge, dibattuto per oltre un anno in Parlamento, a un repentino decreto legge.
Questa mossa non è una scorciatoia, ma, secondo Gonnella, dimostra un "disprezzo palese per il Parlamento".
Un atto che ha "annichilito il dialogo" e "cancellato ogni ipotesi di discussione", riducendo di fatto deputati e senatori a comparse mute.
Un episodio grave e senza precedenti nella storia repubblicana, che rivela quanto poco questo Esecutivo tenga in considerazione l'istituzione democratica, arrivando persino a "fingere" di considerare le preoccupazioni del Presidente della Repubblica. Una "enorme presa in giro" che svela la vera natura autoritaria di questo governo.
Decreto pieno di ombre: "Enormi profili di incostituzionalità"
Il decreto, al di là del suo metodo discutibile, è intrinsecamente viziato da "enormi profili di incostituzionalità".
Manca la base stessa per un decreto legge: l'urgenza e la necessità, dato che il testo era già noto e in discussione da mesi.
La democrazia si fonda sul dialogo e sul dibattito; questo decreto è l'imposizione di un monologo repressivo.
I contenuti sono "vessatori" e "palesemente in contrasto con il diritto penale liberale", ignorando i principi fondamentali di dolcezza, proporzionalità, chiarezza e legalità ereditati da Beccaria e riaffermati da Ferrajoli.
Principi come tassatività, offensività e proporzionalità – pilastri di un diritto civile – vengono messi in "crisi" da norme deliberatamente incerte, aprendo la strada a interpretazioni pericolose e a una repressione arbitraria.
Il "delitto" di rivolta Penitenziaria: Seppellire i fragili
Tra le norme più inquietanti, inique e disumane, Gonnella punta il dito con particolare severità contro il nuovo "delitto di rivolta penitenziaria".
Non si tratta di punire atti violenti, ma la mera e semplice resistenza passiva a un ordine "genericamente motivato".
L'obiettivo di questa norma è agghiacciante: "seppellire sotto anni e anni di prigione migliaia di persone".
Chi saranno le vittime di questa legge draconiana?
I "più vulnerabili, i più giovani", le persone con problemi psichiatrici, i tossicodipendenti.
Coloro che "non sanno farsi la galera", che per fragilità o disperazione disobbediscono.
Un detenuto che batte le sbarre, che rifiuta cibo o medicine – azioni spesso disperate – rischia ora fino a otto anni di carcere, la stessa pena dei maltrattamenti in famiglia. Una norma priva di ragionevolezza e tassatività, un passo vergognoso che ci riporta al carcere fascista del 1931, a un modello punitivo persino peggiore di quello concepito dall'allora Guardasigilli Rocco.
È l'annientamento della dignità dei detenuti.
Criminalizzare il dissenso e le lotte sociali: La clava del potere
La furia repressiva non si limita alle carceri.
Il decreto Meloni ha un obiettivo ancora più ampio e pericoloso: la "criminalizzazione delle lotte sociali".
Comportamenti legati a disagio, marginalità, disuguaglianze economiche vengono trasformati in reati da affrontare con la forza, invece che con politiche sociali, dialogo e integrazione.
Occupare una casa per necessità impellente non è un crimine da codice penale, ma un problema sociale da affrontare con welfare e mediazione.
Le proteste pacifiche per il clima sono dibattito pubblico, non atti criminali.
Questo governo brandisce la legge come una clava per silenziare chiunque osi alzare la voce contro le ingiustizie sociali o ambientali, calpestando il dovere di solidarietà sancito dall'articolo 2 della Costituzione.
Aumenti di pena: Verso il collasso del carcere
Non contenti di creare nuovi reati liberticidi, si prevedono abnormi aumenti di pena. La conseguenza?
Un sovraffollamento ingestibile del sistema penitenziario, già sull'orlo del collasso, con suicidi e morti continue.
È l'ennesima dimostrazione di come la "sicurezza" di questo governo sia pura e cinica propaganda elettorale, indifferente alla realtà drammatica delle carceri Italiane, che ha trascinato nel baratro anche il sistema minorile, ora anch'esso sovraffollato e "in fiamme".
Un modello autoritario e crudelmente discriminatorio
Il modello di diritto penale promosso da questo esecutivo è di "matrice autoritaria e non liberale", con una "dubbia consistenza democratica".
In nome di una vuota e pericolosa "certezza della pena" – uno slogan che nasconde l'incapacità di affrontare i problemi alla radice – si introducono norme con "intenti discriminatori".
L'esempio più crudele e lampante è l'obbligo di carcere per le donne in stato di gravidanza o con figli piccoli.
Un atto di "evidente contenuto simbolico", volto a colpire un gruppo sociale specifico, "connotato sul piano culturale e razziale: le donne rom".
Non è sicurezza, ma "disumanità", un cedimento allarmante alle "pulsioni razziste già presenti nella società", che colpisce in modo ignobile madri e bambini.
Verso uno Stato di Polizia? L'attacco alla libertà fondamentale
La gravità di queste leggi è tale da evocare paragoni inquietanti.
Gonnella non esita ad affermare che, con norme simili, persino Gandhi – simbolo della disobbedienza nonviolenta – finirebbe incarcerato.
Rifiuti pacificamente un ordine in cella? Rivolta.
Protesti col corpo in strada senza violenza? Processato.
È la "criminalizzazione della disobbedienza nonviolenta".
Non sorprende che istituzioni internazionali come OSCE, ONU e Consiglio d'Europa abbiano lanciato l'allarme: c'è un "rischio per la tenuta dello stato di diritto".
Il decreto di Meloni non è sicurezza; è il "più grande attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana".
Un passo deliberato e pericolosamente vicino a uno "Stato di Polizia".
La torsione securitaria: Costruire nemici
Questa "torsione securitaria" non è accidentale, ma un "cambio di paradigma" cercato e voluto.
Gonnella cita le parole illuminanti e severe di Papa Francesco, una critica che calza a pennello sull'operato di questo governo: la convinzione che la pena risolva ogni problema sociale, la tendenza a "costruire deliberatamente dei nemici: figure stereotipate" su cui scaricare le paure, alimentando meccanismi simili a quelli che resero possibile l'espansione delle "idee razziste".
La missione di chi crede nella democrazia è resistere a questa deriva.
Un compito difficile, ma cruciale, per non mettere in pericolo vite umane e i fondamenti stessi della nostra convivenza civile.
Resistere alla "truffa elettorale": Un dovere
Di fronte a questo scenario cupo e pericoloso, cosa resta da fare? Molto.
Le opposizioni politiche e la società civile devono prendere coscienza che la crisi della democrazia si misura anche su questi temi "di confine".
Devono smascherare la retorica governativa, "parlare alla zona grigia della popolazione" e spiegare, con forza e chiarezza, che la "sicurezza" promessa da Meloni e dal suo governo è una "clamorosa e crudele truffa elettorale".
È un dovere occupare gli spazi dell'informazione, costruire una "altra narrazione" basata sui fatti, sulla Costituzione e sul rispetto dei diritti, opponendosi frontalmente alla deriva autoritaria e disumana in atto.