Il governo Meloni, con la premier Giorgia Meloni in testa, continua a ribadire un secco "no" a qualsiasi ipotesi di indulto o provvedimento di clemenza, richiamandosi a una linea dura e promettendo soluzioni basate sull'aumento della capienza carceraria.
Solo pochi giorni fa, il 2 maggio, Meloni delineava all'AdnKronos la sua "ricetta": almeno settemila nuovi posti entro fine legislatura, con l'ambizione di arrivare a diecimila ( ne abbiamo parlato qua )
Dichiarazioni che suonano quasi beffarde alla luce del durissimo atto d'accusa mosso dalla Corte dei Conti.
Lo Schiaffo della Corte dei Conti: Promesse vs Realtà
La relazione "Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri", redatta dai magistrati contabili, rappresenta una netta smentita della narrazione governativa e un vero e proprio schiaffo all'esecutivo e, in particolare, al Ministro della Giustizia Carlo Nordio. A dieci anni dalla fine della gestione commissariale, il quadro dipinto dalla Corte è desolante.
Si parla apertamente di "gravi ritardi" nell'attuazione del ‘Piano Carceri’ e di "situazioni critiche di sovraffollamento" che, specialmente in regioni come Lombardia, Puglia, Campania, Lazio, Veneto e Sicilia, sfiorano "i limiti dell’emergenza". Dati che, ironia della sorte, provengono dallo stesso Ministero della Giustizia guidato da Nordio, ma che sembrano ignorati nelle dichiarazioni pubbliche.
Perché il piano carceri è un fallimento annunciato?
Le cause di questo stallo disastroso sono molteplici e chiamano in causa direttamente la capacità gestionale e di pianificazione:
- Inadempienze contrattuali: Le imprese appaltatrici non rispettano i termini, sintomo di possibili problemi nella selezione o nella gestione dei contratti.
- Esigenze mutevoli vs Lentezza burocratica: I bisogni delle strutture detentive cambiano rapidamente, ma i lavori procedono con una lentezza esasperante.
- Carenze nei finanziamenti: Mancano le risorse necessarie per adeguare i progetti in corso d'opera, segno di una pianificazione finanziaria quantomeno ottimistica, se non del tutto inadeguata.
In questo contesto di immobilismo e inefficienza, appare ancora più stridente la ferma opposizione del governo Meloni a misure alternative come l'indulto, spesso invocato anche da figure come Papa Francesco per alleviare situazioni umanamente insostenibili.
Un principio ignorato: L'individualizzazione della pena
La Corte dei Conti non si limita a denunciare i ritardi infrastrutturali.
Lancia un richiamo pesante sulla necessità di applicare il principio dell’individualizzazione della pena.
Questo significa collocare i detenuti in modo corretto, tenendo conto della loro condizione giuridica e delle necessità di trattamento.
Un principio fondamentale che, nell'attuale caos sovraffollato e strutturalmente carente, rischia di rimanere lettera morta, con gravi conseguenze sulla dignità dei reclusi e sulla reale funzione rieducativa della pena.
Le raccomandazioni (inascoltate) dei Magistrati Contabili
Di fronte a questo scenario critico, la Corte dei Conti non usa mezzi termini e formula raccomandazioni precise al governo:
- Stime realistiche dei costi: Basta con le promesse campate in aria; servono valutazioni serie.
- Pianificazione efficace delle risorse: Le risorse (se e quando ci saranno) vanno allocate con criterio.
- Linee guida chiare: Le strutture devono rispettare gli standard minimi europei e internazionali.
L'impressione, tuttavia, è che mentre il governo Meloni e il ministro Nordio si concentrano sulla retorica della fermezza e negano soluzioni alternative come l'indulto, la realtà certificata dalla Corte dei Conti racconti una storia ben diversa: quella di un'emergenza carceraria fuori controllo, aggravata da piani inefficaci e promesse non mantenute.