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VERGOGNA DI STATO: Paolo Piccolo, massacrato in carcere ad Avellino e abbandonato. La madre urla: "Chi doveva vigilare dov'era?"

Paolo Piccolo, 26 anni, ridotto a uno spettro di 24 chili in stato vegetativo dopo un pestaggio selvaggio dietro le sbarre. Sette mesi di agonia e l'assordante silenzio delle istituzioni. Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo della sua famiglia, che esige verità e giustizia per un fallimento che grida vendetta.
22 maggio 2025 di
VERGOGNA DI STATO: Paolo Piccolo, massacrato in carcere ad Avellino e abbandonato. La madre urla: "Chi doveva vigilare dov'era?"
L R
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È un pugno nello stomaco la storia di Paolo Piccolo, un giovane napoletano di soli 26 anni, la cui vita è stata spezzata, ridotta a un flebile sussurro, all'interno di una struttura che avrebbe dovuto garantirne la custodia, non la distruzione. 
Raccogliamo la lettera di sfogo della madre, un grido straziante che si unisce a quello della nonna, Cira Russo, e lo pubblichiamo affinché si squarci il velo dell'ipocrisia e si faccia chiarezza su come chi dovrebbe vigilare abbia lasciato che accadesse tutto questo. Un giovane uomo, affidato allo Stato, è stato massacrato e ora giace, larva di sé stesso, nell'indifferenza di chi ha il dovere di proteggere.

L'orrore dietro le sbarre e l'inettitudine dello Stato custode

Il 24 ottobre scorso, all'interno delle mura del carcere irpino, si è consumata la barbarie. Paolo Piccolo è stato vittima di un'aggressione brutale, un pestaggio selvaggio che lo ha precipitato in un baratro senza ritorno: stato vegetativo da oltre sette mesi
Oggi, il suo corpo pesa appena 24 chili, un'immagine che è un atto d'accusa vivente contro un sistema fallimentare. Sopravvive solo grazie alla dedizione dei medici dell'ospedale Moscati di Avellino, mentre la sua famiglia vive un calvario quotidiano, appesa a un filo di speranza sempre più sottile.

"Paolo è stato dimenticato," tuona la nonna, Cira Russo, facendosi portavoce del dolore di un'intera famiglia, inclusa la madre annientata dal dolore. 
Al suo fianco, l'avvocato Costantino Cardiello e il garante provinciale delle persone private della libertà, Carlo Mele, non usano mezzi termini. 
Dopo 211 giorni di degenza in condizioni disperate, non si riesce a trovare una struttura riabilitativa idonea. È l'emblema di uno Stato che prima ha fallito miseramente nel garantirgli l'incolumità sotto la sua diretta responsabilità, e ora si dimostra incapace di tutelarne il basilare diritto alla salute e alla vita
Come afferma l'avvocato Cardiello: "Parliamo di impotenza dello Stato." Una dichiarazione che pesa come un macigno.

Giustizia lenta, responsabilità evase: Il processo e le domande senza risposta

Mentre Paolo lotta tra la vita e la morte, la macchina della giustizia si muove con la sua consueta, esasperante lentezza. Dieci detenuti sono stati rinviati a giudizio con accuse pesantissime: tentato omicidio e sequestro di persona
Il processo, richiesto dalla Procura di Avellino guidata da Domenico Airoma, inizierà il 27 giugno. Una data che per la famiglia Piccolo rappresenta un barlume, forse l'unico, verso una verità che finora è stata negata dai fatti, dalla condizione disumana in cui Paolo è stato lasciato.

Ma le domande cruciali restano sospese, come un cappio invisibile:

  • Chi doveva vigilare quel giorno nel carcere di Avellino?
  • Come è stato possibile che un'aggressione di tale ferocia sia avvenuta senza che nessuno intervenisse tempestivamente?
  • Quali misure di sicurezza, evidentemente inesistenti o inefficaci, erano in atto?
  • Chi pagherà per questa catena di omissioni e fallimenti che hanno distrutto la vita di un giovane uomo e della sua famiglia?

Non basta un processo ai presunti esecutori materiali. È necessario che emergano le responsabilità istituzionali, quelle di chi aveva il DOVERE di garantire che Paolo Piccolo, e ogni altro detenuto, fosse al sicuro.

La denuncia della famiglia: "Non lasceremo che Paolo sia solo un numero"

La voce della famiglia, attraverso lo sfogo disperato della madre e la tenacia della nonna Cira Russo, è un monito per tutti. 
Non si può accettare che un essere umano venga ridotto in questo stato e poi trattato come un fardello ingombrante. 
La battaglia per Paolo è una battaglia per la dignità e per la giustizia, contro un sistema che sembra aver smarrito ogni senso di umanità e responsabilità.

Questo non è solo un caso di cronaca. È il sintomo di una malattia profonda che affligge chi dovrebbe essere garante ultimo dei diritti, anche di chi ha sbagliato. 
Noi continueremo a vigilare, a dare voce a chi non ne ha, affinché tragedie come quella di Paolo Piccolo non vengano archiviate nell'indifferenza generale e i responsabili, a ogni livello, siano chiamati a rispondere delle loro azioni e, soprattutto, delle loro gravissime omissioni.

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