Il Carcere nascosto: Lontano dagli occhi, lontano dal giudizio
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un progressivo allontanamento delle strutture carcerarie dal centro alle periferie delle città, fino ad essere definitivamente collocate oltre il limite di visibilità.
Le nuove carceri, quelle costruite negli ultimi cinquant’anni sono progettate per non essere viste, per essere collocate in quegli spazi “inutili”, che il piano di insediamento urbano descrive come “improduttivi”.
Ma non è un caso!
L'invisibilità culturale: Detenuti fantasma e silenzio mediatico
Il progressivo allontanamento delle strutture di detenzione dalla vista dei cittadini risponde ad una logica culturale ben precisa: ciò che non si vede non può essere giudicato e ciò che non è oggetto di giudizio, di fatto, non esiste.
Mentre i social riportano in vita ogni cosa e impongono all’opinione pubblica discorsi perfettamente inutili quanto volgari, il carcere si colloca fuori dal raggio di azione e questa condizione di non visibilità, lo sottrae ad essere oggetto di discussione.
Con il carcere anche i “carcerati” sfuggono alla narrazione e diventano figure astratte svuotate di personalità e condannati a non avere cittadinanza, una sorta di zombie che vagano nell’incertezza periferica dell’opinione pubblica.
Dalla cattura al vuoto: Quando la pena si trasforma in vendetta
Le sole immagini che raccontano questo mondo sono quelle della cattura e degli arresti e tutto ciò che avviene dopo è mistero, è ingoiato in un vortice di silenzio e di vuoto che lo sottrare al giudizio critico.
Il corpo è nascosto, è rinchiuso, è messo in gabbia in attesa di essere liberato e vomitato come uno sputo nella società che nel frattempo lo aveva dimenticato.
Il carcere non è più concepito come luogo della pena, ma solo come spazio dove rinchiudere, dove punire, dove ciò che accade non è affare della società.
Chi ha sbagliato deve pagare e pagare significa soffrire almeno le pene inferte alle vittime.
Si consuma così la vendetta di chi chiede la certezza della pena invocando legale rivalsa.
La visione Costituzionale tradita: Rieducazione vs. reclusione
Eppure il carcere dovrebbe essere un luogo di passaggio per chi ha commesso reati, capace di veicolare percorsi personalizzati di rieducazione, di recupero e di restituzione, un luogo dove la pena è un diritto per diventare risorsa sociale e per riparare legami e relazioni ferite.
Ma siamo lontani!
Siamo molto lontani da questa visione costituzionale del carcere e dei carcerati, perché è più facile costruire l’identità dell’errore piuttosto che l’uguaglianza della dignità sociale.
È più semplice additare che accompagnare. È più veloce rinchiudere che recuperare.
Oltre la certezza della pena: La responsabilità di garantire dignità
Eppure quando invochiamo per gli altri la certezza della pena, dovremmo poi impegnarci a verificare che chi è stato condannato abbia la possibilità di diventare una persona migliore, attraverso le opportunità che gli sono state offerte e dovremmo essere garanti che ciò non può avvenire se continuiamo a giustificare le “pene incerte” inflitte dalle politiche carcerarie.
L'autore di questa profonda riflessione è il Prof. Antonio De Feo, stimato coordinatore dell'Area Comunicativa del progetto liberazioneanticipata.it, oltre che docente, scrittore e attivista impegnato su questi temi.
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