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Baby Gang e Niko Pandetta: videochiamata SHOCK dal carcere al concerto. Un affronto a chi lotta per i detenuti?

L'esibizione di Baby Gang a Catania si trasforma in un caso giudiziario dopo una presunta videochiamata con Niko Pandetta, detenuto. Un gesto che solleva interrogativi e, soprattutto, rischia di vanificare gli sforzi di chi si batte per una diversa percezione del mondo carcerario, alimentando pregiudizi.
7 maggio 2025 di
Baby Gang e Niko Pandetta: videochiamata SHOCK dal carcere al concerto. Un affronto a chi lotta per i detenuti?
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L'eco della musica si è spento, lasciando spazio al frastuono delle polemiche e al rigore delle indagini. 
Il rapper Zaccaria Mouhib, noto al pubblico come Baby Gang, è finito al centro di un'inchiesta della Procura di Catania per una presunta videochiamata dal carcere con Niko Pandetta, mostrata durante il suo concerto all'One Day Music Festival. 
Un episodio che non solo ha implicazioni legali per i protagonisti, ma getta un'ombra pesante sul difficile percorso di chi lavora per migliorare l'immagine e i diritti dei detenuti.

La videochiamata incriminata e le indagini su Baby Gang

I fatti risalgono allo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia di Catania. 
Prima di intonare "Italiano", brano scritto proprio con Niko Pandetta, Baby Gang ha mostrato al pubblico il suo smartphone, da cui sarebbe partita una videochiamata con il trapper catanese, attualmente detenuto in un carcere in Calabria dall'ottobre 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti
"È mio fratello, un c... di casino per Niko Pandetta," avrebbe urlato l'artista, mentre sullo schermo appariva il volto di Pandetta. 
Il gesto, ripreso da numerosi spettatori, è diventato immediatamente virale sui social.

La Procura di Catania ha prontamente avviato un'indagine, ipotizzando per Baby Gang, 24 anni, i reati di concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall'avere favorito la mafia, e la violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli vietava la presenza nel capoluogo etneo. 
Gli agenti della Squadra Mobile di Lecco, in collaborazione con quelli di Catania, hanno perquisito l'abitazione del rapper a Calolziocorte (Lecco), sequestrando il suo smartphone per accertamenti forensi. 
A Baby Gang è stato inoltre notificato un foglio di via obbligatorio dal Questore di Catania, che gli preclude la permanenza in città per quattro anni, facendo saltare il suo concerto previsto per l'8 agosto alla Villa Bellini.

Il cellulare in cella e le implicazioni per Niko Pandetta

Le indagini si sono naturalmente estese anche a Niko Pandetta
Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta, registrata o un vecchio filmato. 
Tuttavia, per far luce sulla vicenda, la Procura ha disposto accertamenti anche all'interno dell'istituto penitenziario. 
Una perquisizione effettuata il 3 maggio nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è recluso, ha portato al rinvenimento e sequestro di un telefono cellulare da parte della polizia penitenziaria. 
Anche per lui è scattata l'indagine per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione.

Un danno incalcolabile: Quando i gesti sconsiderati vanificano le lotte

Al di là delle responsabilità penali, che la magistratura accerterà, episodi come questo rappresentano un duro colpo per chi quotidianamente si impegna per cambiare la percezione pubblica sui detenuti e per promuovere un sistema carcerario più orientato al recupero. 
Le nostre lotte, condotte con fatica per sensibilizzare l'opinione pubblica, per far comprendere che dietro le sbarre ci sono persone con storie complesse e con un diritto alla speranza e al reinserimento, vengono drammaticamente vanificate da gesti di ostentata illegalità e da legami ambigui esibiti come trofei.

Azioni come quella vista sul palco di Catania non fanno altro che rafforzare stereotipi negativi e pregiudizi già profondamente radicati, offrendo un assist a chi vede nel carcere solo un luogo di punizione e non di possibile trasformazione. 
È un autogol che danneggia l'intera popolazione carceraria, inclusi coloro che si sforzano di seguire un percorso di redenzione, e che scredita il lavoro di associazioni, volontari e operatori che credono in una giustizia riparativa. 
Viene da chiedersi quale messaggio arrivi all'esterno, se non quello di una presunta impunità e di una continua sfida alle regole, che purtroppo peggiora l'idea, già critica, che l'opinione pubblica ha del mondo detentivo.

Il silenzio assordante sulla riabilitazione

Mentre l'attenzione mediatica si concentra, giustamente, sulla gravità di certi comportamenti, passa in secondo piano il dibattito, ben più costruttivo, sulle condizioni carcerarie, sui percorsi di riabilitazione e sulle alternative al carcere. 
L'esibizionismo di pochi rischia così di oscurare le storie positive e gli sforzi silenziosi di molti.

Prossimi sviluppi e interrogativi aperti

Le indagini proseguono per chiarire la dinamica esatta della comunicazione e le eventuali responsabilità di terzi. 
Gli accertamenti forensi sullo smartphone di Baby Gang e sul cellulare sequestrato a Pandetta saranno cruciali per definire i contorni della vicenda. 
Resta il fatto che l'episodio ha acceso un faro su una realtà problematica, quella dell'introduzione e dell'uso illecito di telefoni cellulari in carcere, e sulle sue potenziali, gravi conseguenze.

L'auspicio è che, oltre alla necessaria azione giudiziaria, si possa riflettere seriamente sull'impatto di tali condotte, non solo sulla sicurezza, ma anche sulla difficile battaglia culturale per un carcere diverso e per una società più inclusiva, una battaglia che episodi come questo rendono ancora più ardua.

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