L'Italia continua a essere un cimitero a cielo aperto per chi vive dietro le sbarre.
L'ultima vittima di questo sistema carcerario criminale è un detenuto di 35 anni, trovato cadavere nella sua cella nel carcere dei Miogni di Varese.
Un'altra croce su una lista che, solo nel 2025, conta già la spaventosa cifra di 35 morti.
La Procura di Varese ha avviato la solita, tardiva inchiesta, mentre il SAPPE, sindacato della Polizia Penitenziaria, si affretta a ipotizzare "cause naturali" o un "gesto volontario" legato alla tossicodipendenza. Tentativi meschini di minimizzare una tragedia annunciata, figlia dell'abbandono e della disperazione.
Varese: L'epicentro dell'indifferenza assassina
La morte del 35enne a Varese non è un caso isolato, ma il sintomo di una malattia sistemica che divora vite umane. Mentre si attendono gli esiti di un'autopsia che difficilmente svelerà le responsabilità dei vertici, la realtà è che ogni decesso in carcere è un omicidio istituzionale.
Si parla di "problemi di tossicodipendenza", ma chi ha permesso che questi problemi non venissero adeguatamente affrontati? Chi ha creato le condizioni per cui un gesto volontario diventi l'unica, disperata via di fuga?
La vergognosa indifferenza di chi ha il potere di cambiare le cose ma preferisce voltarsi dall'altra parte, continuando a macchiarsi del sangue dei detenuti, è la vera causa di queste morti. L'inchiesta della Procura suona come una beffa, un tentativo di lavarsi la coscienza di fronte all'ennesima vita sacrificata sull'altare dell'inefficienza e della crudeltà.
La rabbia esplode: Proteste contro un regime carcerario inumano
La notizia della morte ha, prevedibilmente, scatenato la rabbia e la disperazione degli altri reclusi nel carcere dei Miogni. Nella serata di ieri, hanno battuto con forza sulle sbarre, un grido di protesta contro condizioni di vita intollerabili, un urlo per non essere dimenticati.
Ma anche questo disperato tentativo di farsi sentire rischia di essere soffocato nel sangue.
Con il nuovo e infame decreto sicurezza, chi osa protestare, chi osa denunciare l'orrore quotidiano, rischia conseguenze pesantissime.
Un altro strumento di repressione nelle mani di uno Stato che, invece di garantire dignità e diritti, risponde con la minaccia e la punizione, criminalizzando ulteriormente chi è già vittima.
Una strage senza fine: 35 morti e il silenzio complice del potere
Il contatore della morte non si ferma: 35 detenuti deceduti da inizio 2025. Un bollettino di guerra che include suicidi, come i 20 già denunciati dall'Unione Camere Penali Italiane (con picchi terrificanti come 5 reclusi suicidi in soli 6 giorni), e morti per altre cause, spesso riconducibili a incuria, malasanità e disperazione.
L'ultimo episodio, solo pochi giorni prima di Varese, al carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, conferma una scia di sangue ininterrotta che attraversa l'intero Paese.
Questi non sono numeri, sono vite umane cancellate dalla colpevole negligenza di uno Stato assassino. Ogni giorno che passa senza un intervento radicale, senza un'assunzione di responsabilità da parte dei vertici politici e amministrativi, è un giorno in cui i potenti si confermano complici di questa mattanza.
La loro inerzia è un crimine, il loro silenzio è un insulto alla memoria delle vittime e al dolore dei loro familiari.
È ora di puntare il dito contro questi assassini in doppiopetto e pretendere giustizia e un cambiamento immediato, prima che altre vite vengano sacrificate.