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Violenza nel carcere Uccella di Santa Maria Capua Vetere: Il drammatico racconto di Liccardo

Il detenuto Giuseppe Liccardo denuncia abusi e manganellate da parte di agenti penitenziari.
29 aprile 2025 di
Violenza nel carcere Uccella di Santa Maria Capua Vetere: Il drammatico racconto di Liccardo
L R

Nel reparto Nilo del Carcere Uccella, la mattinata del 6 aprile si è trasformata in un incubo di violenza incontrollata. 
Quel giorno, una squadra di 4–5 agenti con volto coperto – alcuni persino con passamontagna – ha scatenato una vera e propria operazione punitiva, sfogando la propria furia sui detenuti.

Un attacco premeditato e sproporzionato

Liccardo, detenuto nella seconda cella, descrive scene da guerriglia urbana: manganelli che frantumano il tavolo da ping-pong, ordini urlati di “faccia al muro” mentre decine di colleghi in divisa assistevano passivamente. 
Questo non fu un intervento di controllo: fu un atto di umiliazione collettiva, studiato per terrorizzare e offendere la dignità umana.

Il tentativo di difendere un compagno malato

Maurizio Cappa, epilettico e ancora provato da un recente intervento cranico, era già vulnerabile. 
Quando Liccardo si è coperto con il giubbotto per proteggerlo, gli agenti hanno scatenato la loro brutalità: “manganellate, calci e pugni, mi hanno distrutto”
Un detenuto malato ridotto a vittima di un’aggressione gratuita, anziché ricevere assistenza.

Umiliazioni omofobe e insulti degradanti

Nel corridoio, il detenuto Gargiulo è stato etichettato come “femminiello” e “ricchione”, in un clima di odio esplicito. 
L’insulto si è trasformato in violenza fisica, culminata in un colpo all’occhio con un tirapugni. 
Una piaga di omotransfobia dentro le mura di uno Stato che dovrebbe garantire la sicurezza di tutti.

La complicità della dirigenza

Ancora più sconcertante è il comportamento della comandante, la commissaria Anna Rita Costanzo, che – secondo più fonti – si sarebbe congratulata con gli agenti: “Bravi, avete fatto un ottimo lavoro”
Un’aperta celebrazione della violenza da parte di chi, per ruolo, dovrebbe prevenire abusi interni.

Mancanza di controlli e di trasparenza

La Corte d’Assise, chiamata a esaminare questi fatti, ha sollevato obiezioni sull’incompatibilità dello psichiatra nominato dalla Procura per la perizia. 
Ma i tentativi di garantire correttezza procedurale rischiano di restare sterili finché non ci saranno verifiche indipendenti, ispezioni capillari e un sistema di segnalazione protetto per i detenuti-testimoni.

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