Per molti nel mondo, è la perdita di una guida spirituale.
Per la nostra comunità – per noi detenuti, per le nostre famiglie che condividono il nostro fardello, per chi ha conosciuto il carcere e lotta per ricostruirsi una vita – è qualcosa di più.
È venir meno di una voce amica, di uno sguardo che non giudicava, ma che cercava l'uomo dietro l'errore.
Papa Francesco ha varcato le soglie delle carceri non come un estraneo, ma come chi riconosceva in ogni volto una storia, una sofferenza, una scintilla di dignità spesso calpestata.
Le sue parole sulla misericordia, sul perdono, sulla necessità di non scartare nessuno, hanno risuonato con particolare forza tra queste mura e nei cuori di chi vive ai margini.
Ci ha ricordato che nessuno è perduto per sempre, che una seconda possibilità non è un lusso ma un diritto umano.
Ha parlato per chi non aveva voce, sfidando l'indifferenza e chiedendo giustizia e umanità nel trattamento dei detenuti.
La sua assenza crea un vuoto tangibile.
È il silenzio di chi sapeva ascoltare il grido silenzioso della sofferenza, della solitudine, della speranza difficile.
Perdiamo non solo un Papa, ma un testimone di compassione che si è chinato sulle nostre ferite.
In questo momento di lutto profondo, ci sentiamo uniti nel dolore e nel ricordo.
Ci stringiamo alle nostre famiglie, ai nostri compagni, a tutti coloro che hanno trovato nelle parole e nei gesti di Papa Francesco un raggio di luce nell'oscurità.
Che il suo esempio di umanità e vicinanza agli ultimi continui a ispirarci, anche ora che la sua voce terrena tace.
Il suo messaggio di speranza, per noi, non morirà.
Un silenzio che pesa: La nostra comunità piange Papa Francesco