Un uomo, recluso nel carcere di Cremona per reati a sfondo sessuale e contro la persona, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella.
Non un caso isolato, ma il 14° suicidio dall’inizio dell’anno.
Un dato agghiacciante che le istituzioni continuano a ignorare, mentre le prigioni italiane si trasformano in luoghi di morte.
UNA STRAGE ANNUNCIATA
La situazione del carcere di Cremona è lo specchio di un sistema penitenziario al collasso: 551 detenuti stipati in una struttura progettata per ospitarne 382.
Nel frattempo, la Polizia Penitenziaria è lasciata sola a fronteggiare un'emergenza fuori controllo: 180 agenti a fronte di un fabbisogno di 335.
Numeri che certificano l’abbandono totale da parte dello Stato, incapace di garantire condizioni di detenzione dignitose e di proteggere la vita di chi è affidato alla sua custodia.
IL SILENZIO COMPLICE DELLE ISTITUZIONI
Il sindacato UILPA Polizia Penitenziaria lancia l’ennesimo allarme: "Siamo di fronte a una carneficina senza soluzioni concrete all’orizzonte", denuncia Gennarino De Fazio, segretario generale della UILPA.
"Il sovraffollamento e la carenza di personale rendono la situazione insostenibile.
È impensabile continuare a ignorare questa emergenza".
Ma le istituzioni restano sorde, incapaci di rispondere con interventi concreti a un dramma che si consuma ogni giorno nelle nostre carceri.
QUANTE ALTRE MORTI SERVONO?
Ogni suicidio dietro le sbarre è una condanna per chi avrebbe dovuto garantire condizioni di vita umane e non lo ha fatto.
Quante altre vite dovranno spegnersi prima che lo Stato si assuma le sue responsabilità?
Le carceri non possono essere trasformate in camere di tortura, dove la pena diventa una condanna a morte silenziosa.
È ora che si ponga fine a questa mattanza con riforme strutturali immediate.
Basta con il silenzio. Basta con l’indifferenza.
Lo Stato non può continuare a voltarsi dall’altra parte di fronte a questo massacro legalizzato.