L'ennesima tragedia, l'ennesima sconfitta dello Stato.
Una donna di 52 anni si è tolta la vita nel carcere di Bollate ( ne avevamo parlato qua )
È il suicidio numero 27 da inizio anno, una scia di morte che segue il record storico di 91 vittime nel 2024.
E cosa fa il Ministro della Giustizia Carlo Nordio?
Le sue parole dell'agosto 2023 – «Più telefonate per i detenuti, ogni suicidio è mia sconfitta» – risuonano oggi come un'eco vuota, quasi una provocazione.
Di fronte a questa ecatombe, le sue promesse si rivelano per quello che sono: fumo negli occhi.
Promesse tradite e inerzia colpevole
Ricordate il decreto-legge n. 92 del 4 luglio 2024?
Quello pomposamente chiamato "carcere sicuro"?
Conteneva una norma, minima ma necessaria, per aumentare le telefonate ai detenuti.
Un tentativo, si diceva, di "garantire la prosecuzione dei rapporti personali e familiari". Peccato che quel decreto imponesse al Ministero un termine perentorio: emanare un regolamento attuativo entro sei mesi, ovvero entro il 4 gennaio 2024.
Siamo ad Aprile, quel regolamento non esiste, è un fantasma.
Il risultato? Caos e arbitrio.
Ogni direttore di carcere fa come gli pare: chi concede qualcosa in più, chi stringe brutalmente le maglie, come avviene per il carcere di Ancona Montacuto, dove i detenuti hanno l'elemosina di una chiamata a settimana.
Questa è la giustizia secondo Nordio?
Questa è la tutela dei diritti fondamentali?
La denuncia di Nessuno tocchi Caino: "Scadenze canzonatorie per lo Stato"
A sbattere in faccia al Ministro e al Governo questa vergognosa inadempienza è Rita Bernardini, anima di Nessuno Tocchi Caino e da sempre in trincea per i diritti calpestati dei reclusi.
Le sue parole sono macigni: «Se noi cittadini non rispettiamo una scadenza, ci tartassano. Se lo fa lo Stato, nulla succede, perché le loro scadenze sono “canzonatorie”, mentre le nostre sono “perentorie”».
Bernardini non dimentica: il Ministro Nordio, nello stesso decreto, bocciò la proposta di Roberto Giachetti per la liberazione anticipata speciale, preferendo puntare tutto sulla solita, inefficace "ricetta edilizia".
Scelta che, nei fatti, non ha fermato né il sovraffollamento disumano né la strage dei suicidi.
Un diritto negato, vite spezzate: Il prezzo dell'isolamento
Il cuore del problema, oggi, è questo regolamento mai nato.
Quelle telefonate negate non sono un lusso, non sono un privilegio.
Sono un diritto umano fondamentale, un'ancora di salvezza psicologica.
Isolare i detenuti, tagliare i ponti con l'esterno, significa spingerli scientificamente verso la disperazione e, troppo spesso, verso gesti estremi.
I numeri – 90 suicidi nel 2024, 27 in poco più di tre mesi del 2024 – urlano questa verità.
Mantenere i contatti con le famiglie, sentire una voce amica, è vitale.
È scientificamente provato che riduce i sintomi depressivi.
Ma al Ministero sembrano sordi.
E pensare che l'aumento proposto era ridicolo: da quattro a sei misere telefonate al mese.
Nemmeno questo minimo sindacale è stato garantito.
L'assenza di regole uniformi genera disparità di trattamento intollerabili, calpestando il principio di uguaglianza.
Le domande restano, pesanti come condanne: Perché questo ritardo colpevole?
Quali oscure pastoie burocratiche o quale disinteresse politico hanno bloccato tutto? Quando si degneranno di agire?
Il silenzio del Ministero è complice di fronte a questa mattanza.