Strage silenziosa nelle carceri italiane: il 15° suicidio dall'inizio dell'anno

Ogni detenuto che si suicida è una condanna per lo Stato, un atto d’accusa contro un sistema che crea disperazione invece che riabilitazione.

Mantova: il carcere diventa una tomba

Un'altra vita spezzata tra le mura di una prigione. 
Nel carcere di Mantova, una detenuta con una condanna a 19 anni per omicidio si è impiccata nel bagno della sua cella. 
A trovarla è stata la sua compagna di stanza, svegliata d'urgenza dagli agenti di Polizia Penitenziaria, che non vedendo la donna nel letto hanno controllato il bagno ma era troppo tardi.

I soccorsi sono stati immediati, ma inutili. 
Un'altra morte che pesa come un macigno su un sistema penitenziario allo sfascio. Un altro "suicidio" che assomiglia sempre più a un omicidio di Stato.

Un sistema che uccide

Il carcere non dovrebbe essere un luogo di morte, eppure i numeri sono impietosi. 
Quindici suicidi dall'inizio dell'anno, quindici vite stroncate in un silenzio assordante.

Le Istituzioni restano immobili di fronte a un sistema che stritola le persone, abbandonate a condizioni disumane, al sovraffollamento, alla carenza di personale. 
Una prigione senza speranza diventa solo una condanna a morte dilazionata.

Il Garante dei detenuti denuncia da anni questa emergenza: celle sovraffollate, mancanza di educatori, agenti penitenziari stremati. 
Le carceri Italiane sono lager moderni dove si muore nel disinteresse generale.

Il prezzo dell'indifferenza

Ogni suicidio in carcere è il fallimento di un sistema che dovrebbe rieducare e invece annienta. Quante altre morti dovremo contare prima che qualcuno intervenga? Quanti altri detenuti dovranno impiccarsi prima che le istituzioni si assumano le proprie responsabilità?

Il tempo delle parole è finito. 
È ora di fermare questo massacro. 
È ora di giustizia.