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Stefano Papa, morto in carcere dopo una rissa: Suicidio impossibile, verità negata

La versione ufficiale parla di suicidio, ma la famiglia non ci sta. Due giorni prima di morire, Stefano Papa aveva denunciato un pestaggio. Ora un'autopsia deve svelare la verità che lo Stato sembra voler nascondere dietro un muro di silenzio.
16 giugno 2025 di
Stefano Papa, morto in carcere dopo una rissa: Suicidio impossibile, verità negata
L R
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Non chiamatelo suicidio. Non ancora. La morte di Stefano Papa, 52 anni, all'interno della casa circondariale di Campobasso, è un caso che puzza di negligenza e di verità nascoste. 
Mentre un sindacato della Polizia Penitenziaria si è affrettato a etichettare la tragedia con la comoda parola "suicidio", la famiglia della vittima ha squarciato il velo di omertà con una denuncia ai Carabinieri, pretendendo quella giustizia che le mura di un carcere troppo spesso soffocano.

Lunedì 16 giugno è stata eseguita l'autopsia. Un atto dovuto, ma che rischia di essere solo l'inizio di un calvario giudiziario. I risultati, infatti, non arriveranno prima di 90, interminabili giorni. Tre mesi di silenzio, tre mesi in cui una famiglia dovrà convivere con dubbi atroci.

La telefonata che smaschera la versione ufficiale


Il castello di carte della versione ufficiale crolla di fronte a un dettaglio agghiacciante. 
Solo due giorni prima della sua morte, Stefano Papa aveva chiamato a casa. 
Non era una telefonata tranquilla. Aveva raccontato ai suoi familiari di essere stato coinvolto in una rissa all'interno del penitenziario.

Questa non è un'ipotesi, è un fatto. Un uomo denuncia di essere stato picchiato e 48 ore dopo viene trovato morto? Liquidare tutto come un suicidio non è solo superficiale, è un insulto all'intelligenza e al dolore dei suoi cari. Chi lo ha picchiato? La sua denuncia è stata raccolta? Qualcuno ha indagato su quella rissa prima che fosse troppo tardi? 
Queste sono le domande che esigono una risposta immediata, non tra 90 giorni.

La battaglia della famiglia contro i muri di gomma


I figli di Stefano – Ciro, Maria e Salvatore – non si arrendono. Non accettano una verità preconfezionata, servita per chiudere in fretta un fascicolo scomodo. 
La loro denuncia non chiede vendetta, ma chiarezza. Vogliono sapere cosa è successo veramente in quella cella e perché il loro padre, che aveva già scontato sei degli otto anni di pena e vedeva la libertà avvicinarsi, avrebbe dovuto togliersi la vita.

Il dubbio della famiglia non riguarda solo le cause, ma persino il giorno esatto del decesso, comunicato ufficialmente come avvenuto il 12 giugno. 
Troppe ombre, troppe incongruenze. L'autopsia e gli esami tossicologici ora hanno il compito di svelare una verità che le istituzioni hanno il dovere di accertare, senza sconti e senza ulteriori, inaccettabili ritardi. 
La battaglia per la giustizia di Stefano Papa è appena iniziata.

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