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Stato Colpevole: Carcere di Uta, Morte e Disumanità sotto l’Abbandono Istituzionale

4 marzo 2025 di
Stato Colpevole: Carcere di Uta, Morte e Disumanità sotto l’Abbandono Istituzionale
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Il carcere di Uta rappresenta l’ennesimo esempio del fallimento totale dello Stato, il quale, invece di garantire la sicurezza e la dignità umana, trasforma questo Istituto in un vero e proprio luogo di morte. 
Con oltre 750 detenuti costretti a vivere in condizioni inumane e sovraffollate, l’apparato penitenziario si trasforma nel teatro di una tragedia annunciata.

I casi documentati dalla garante regionale dei detenuti, Irene Testa, dipingono un quadro desolante: all’interno delle celle, molti detenuti – tra cui stranieri che non dispongono nemmeno di vestiti e scarpe – sono abbandonati a una povertà estrema. 
Coloro che soffrono di gravi patologie psichiatriche vengono confinati in spazi angusti, costretti a dormire su brandine di ferro senza materassi né cuscini, senza alcun accesso a cure adeguate.

Ma la situazione non si limita al disagio quotidiano: ad oggi, 5 marzo, si registrano già 15 morti per “suicidio” – decessi che noi definiamo con fermezza come omicidi di Stato, il tragico risultato di un sistema che, sotto il vessillo della custodia, sacrifica vite umane. 
Con le previsioni attuali, il numero di vittime potrebbe superare di gran lunga i 90 decessi registrati nel 2024, evidenziando un clamoroso fallimento statale nel proteggere chi è affidato alla sua custodia.

In questo clima di assoluto abbandono, anche gli agenti che operano in queste sezioni sono vittime di violenze e aggressioni, testimonianza di una gestione carceraria diventata sinonimo di negligenza. 
La recente dimissione della dirigente sanitaria ha ulteriormente paralizzato un sistema già in crisi, lasciando numerosi detenuti senza le cure urgenti di cui hanno disperatamente bisogno. 
Le richieste di assistenza medica e di osservazione psichiatrica vengono sistematicamente ignorate, trasformando il carcere di Uta in un luogo dove l’unica certezza è la morte.

Lo Stato, incaricato di tutelare i diritti umani anche dietro le sbarre, ha fallito in maniera inaccettabile
È tempo che la Procura generale intervenga immediatamente per fermare questo massacro mascherato da “suicidi” e per porre fine alla spirale di inumane condizioni che condannano i detenuti a una sorte di morte lenta e sistematica. 
La cronaca del carcere di Uta non è solo un’informazione: è un grido d’allarme contro una politica statale che ha abbandonato i più deboli alla disperazione e all’inevitabile tragedia.

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