Ancora una volta, le aule di Giustizia devono ricordare allo Stato Italiano i suoi doveri fondamentali.
Ancora una volta, la vergogna delle carceri italiane e del trattamento indegno riservato ai detenuti viene certificata da una Corte.
Questa volta è la Corte di Cassazione a mettere nero su bianco una realtà che le nostre Istituzioni, sorde e cieche, si ostinano a ignorare o, peggio, a minimizzare.
Il caso specifico riguarda Alessandro Morra, 46enne detenuto nel carcere di Borgo San Nicola a Lecce.
Tramite il suo legale, Avv. Francesco Santangelo, Morra ha denunciato le condizioni di detenzione inumane e degradanti subite, appellandosi a quei principi che l'Europa (tramite la CEDU) ci ha già sbattuto in faccia innumerevoli volte, ottenendo solo risposte inadeguate e promesse vuote dalle nostre Istituzioni.
Il calvario giudiziario: Lo Stato contro i diritti
Il percorso legale di Morra è emblematico del muro di gomma istituzionale. Inizialmente, un magistrato di sorveglianza aveva riconosciuto ben 633 giorni di detenzione lesiva della dignità umana.
Ma ecco il paradosso, lo Stato che viola i diritti poi si oppone al loro riconoscimento: il Tribunale di Sorveglianza di Lecce, con un'ordinanza del 28 novembre 2024, aveva drasticamente ridotto tale periodo a soli 329 giorni, diminuendo di conseguenza lo "sconto di pena" (o l'indennizzo) dovuto.
Una decisione che suona come un tentativo di sminuire la gravità della situazione.
È stato necessario arrivare fino alla Corte di Cassazione per vedere accolto il ricorso del detenuto.
La Suprema Corte, di fatto, conferma che la detenzione inumana e degradante non è un'invenzione, ma una realtà tangibile e inaccettabile all'interno delle nostre prigioni.
Dalla CEDU alla Cassazione: Un fallimento annunciato e ignorato
Questo non è un caso isolato.
È l'ennesima tessera di un mosaico vergognoso. L'Italia è stata ripetutamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) per il sovraffollamento carcerario e per le condizioni di vita che violano l'articolo 3 della Convenzione Europea, che proibisce trattamenti inumani o degradanti.
Cosa hanno fatto le Istituzioni in risposta a queste condanne? Nulla !
Le sentenze come quella della Cassazione sul caso Morra sono un atto d'accusa diretto: dimostrano l'incapacità cronica (o la mancanza di volontà?) dello Stato Italiano di adeguarsi agli standard minimi di civiltà e di rispetto dei diritti umani, anche per chi ha sbagliato.
Ogni sconto di pena concesso per questi motivi non è una "vittoria" per il detenuto, ma una pesante sconfitta per lo Stato, una certificazione del suo fallimento nel garantire condizioni detentive dignitose.
È intollerabile che siano ancora i tribunali, fino al massimo grado di giudizio, a dover supplire all'inerzia e all'inadeguatezza delle politiche carcerarie.
È indegno di un Paese civile continuare ad assistere a questo stillicidio di ricorsi e condanne, mentre chi dovrebbe intervenire – Governo, Parlamento, Ministero della Giustizia – sembra più preoccupato a fare dichiarazioni incomprensibili piuttosto che cercare di risolvere uno dei tantissimi problemi alla radice.
Fino a quando dovremo sopportare questa umiliazione Istituzionale?