Stop ai telefonini o ennesima toppa di un sistema alla fine?
Sembra quasi una barzelletta, ma è la cruda realtà annunciata con discutibile enfasi dalla comandante della polizia penitenziaria di Sulmona, Alessandra Costantini: entro l'anno, il carcere sarà "schermato" con jammer per bloccare le comunicazioni.
Una misura presentata come una vittoria durante le celebrazioni del Corpo, ma che puzza terribilmente di soluzione di facciata per un problema che affonda le radici in un sistema penitenziario allo sbando.
L'idea di installare disturbatori di frequenza nel "grand hotel" (definizione quanto mai ironica) di via Lamaccio non è nuova, ma è rimasta nel cassetto per oltre un anno.
Il motivo?
Probabilmente la consapevolezza che questi strumenti comprometteranno anche le comunicazioni interne del personale, creando ulteriori disagi operativi.
Ma evidentemente, l'incapacità cronica di fermare l'ingresso illecito di cellulari ha portato a questa scelta disperata.
Un Fallimento travestito da soluzione
I numeri snocciolati sono impietosi: 111 telefoni sequestrati nel 2024, con un picco nell'operazione di dicembre, definita "impattante".
Eppure, la stessa comandante ammette implicitamente il fallimento continuo, visto che i ritrovamenti proseguono anche nel 2025.
I telefoni entrano tramite droni, pacchi, persino – ed è gravissimo – introdotti da personale infedele ( sopratutto, Ndr)
Di fronte a questa débâcle, invece di affrontare le falle strutturali e di controllo, si opta per la scorciatoia tecnologica.
Il paradosso dei fondi: Tecnologia di controllo vs. necessità umane primarie
Ed ecco il punto più scandaloso e inaccettabile di tutta questa vicenda.
Mentre si trovano centinaia di migliaia di euro (perché di questo ordine di grandezza si parla per schermare un intero Istituto) per installare i jammer, le carceri Italiane, inclusa Sulmona, versano in condizioni vergognose.
Come si giustifica questa spesa, quando mancano sistematicamente i fondi per garantire condizioni minime di dignità?
- Dov'erano questi soldi quando i detenuti erano senza riscaldamento in pieno inverno?
- Dove sono i fondi per ripristinare l'acqua calda, un diritto basilare negato in troppe sezioni?
- Chi finanzia la manutenzione ordinaria e straordinaria di strutture fatiscenti, con infiltrazioni, muffe e impianti fuori norma?
È assurdo e offensivo dare priorità a costosi gadget tecnologici, la cui efficacia nel lungo periodo è tutta da dimostrare (la criminalità trova sempre nuove vie), ignorando bisogni primari che rendono la detenzione una punizione aggiuntiva e disumana. Questa scelta rivela priorità distorte e una gestione delle risorse pubbliche quantomeno discutibile, se non irresponsabile.
Effetti collaterali ignorati e dubbi sull'efficacia reale
Si ammette candidamente che il sistema organizzativo della polizia penitenziaria ne risentirà e dovrà essere riorganizzato.
Un prezzo che si decide di pagare, evidentemente ritenendo più semplice disturbare le frequenze che implementare controlli seri e costanti, bonificare il personale e affrontare il sovraffollamento e le condizioni che alimentano l'illegalità interna.
Siamo sicuri che i jammer risolveranno il problema?
O semplicemente spingeranno verso metodi di comunicazione ancora più difficili da intercettare?
La storia insegna che ogni misura di sicurezza genera tentativi di aggiramento.
E intanto, si sono spesi fondi che potevano essere destinati a interventi ben più urgenti e necessari per la sicurezza reale e la vivibilità dell'istituto, che ospita quasi cinquecento detenuti di alta sicurezza in condizioni critiche.
Questa schermatura non è una vittoria, ma l'ammissione di un fallimento gestionale e politico, mascherata da progresso tecnologico, a spese della dignità umana e del buon senso nell'allocazione delle risorse.