L’Eremo delle carceri: Il carcere spirituale di Francesco D’Assisi
Assisi è la città di Francesco, il poverello vissuto nel 1200, il Santo che più di ogni altro ha influito nella storia della Chiesa e dell’umanità.
Francesco è il Santo più conosciuto e più venerato, il suo nome è tra quelli più diffusi. Ebbene, chi visita Assisi, sa che nella zona alta della città, tra i boschi, esiste l’Eremo delle Carceri, un luogo bellissimo dove il poverello di Assisi si recava per pregare.
Era chiamato “Carceri” perché Francesco si isolava e andava a rifugiarsi là, per trovare sé stesso e Dio.
Il carcere era per lui un luogo dove ritrovarsi e fare l’esperienza dell’ascolto di sé e del perdono.
Ed è quello per cui servirebbe anche oggi un carcere, ma purtroppo non è così.
Il carcere oggi: da luogo di redenzione a spazio di inumanità
Da luogo di redenzione e di consapevolezza, il carcere è diventato l’inferno in terra, spazio di inumanità, gabbia in cui l’uomo fa l’esperienza della violenza psicologica e fisica.
Il carcere è il più terribile posto su questa terra, una scatola strapiena di uomini privati dell’umanità più che della libertà.
Probabilmente Papa Francesco ha sempre avuto in mente queste due dimensioni delle carceri, quella del Santo di Assisi e quella degli uomini e ciò giustifica il suo interesse costante per i detenuti.
Regina Coeli e la domanda che ci interroga: “Perché non io?”
La sua ultima uscita fuori dalle mura vaticane è stata di mezz’ora nel carcere di Regina Coeli e all’uscita, incalzato dai giornalisti, ha detto: “ogni volta che entro in un luogo come questo mi chiedo: perché non io?”.
In questa espressione c’è tutta la tensione di un pontefice consapevole che il carcere è tutto ciò che un luogo non dovrebbe essere, è la fonte della bruttezza dell’umanità che rovina il mondo, è luogo di perdizione e non di espiazione, è tempo di vendetta e non di reinserimento.
La Porta Santa nel carcere: un gesto rivoluzionario
Papa Francesco è stato il Pontefice che più di ogni altro ha denunciato ciò e ha concretamente acceso i fari sulle carceri, soprattutto quando il 26 dicembre 2024 decide di aprire la Porta Santa del Giubileo della Misericordi in un carcere, chiamando quel luogo “Basilica”, che etimologicamente significa “regale”.
Il significato profondo di “Basilica” in ambito carcerario
La parola Basilica deriva dal greco e nell’antichità indicava il luogo dove si amministravano gli affari, ma anche la giustizia e che con il cristianesimo ha cominciato a designare il luogo sacro per eccellenza dove incontrare Dio.
Non semplici parole quelle del Papa, ma precise espressioni che vogliono ridefinire carceri e carcerati, luoghi e persone, spazi e azioni.
Francesco è stato il Papa della dignità dei detenuti, definendoli “persone buone”, una potentissima espressione che ci obbliga a guardare a chi ha sbagliato con gli occhi della Misericordia e a trattare gli altri con la fiducia di chi crede nel cuore.
l Papa della Misericordia e degli ultimi
Francesco è il Papa degli ultimi e sa benissimo che tra gli ultimissimi ci sono anche i detenuti!
Se a Francesco di Assisi fu detto di possedere “la sapienza di un povero”, di Papa Francesco possiamo dire di averci insegnato “la povertà di un sapiente”, quella dote capace di dare di riabilitare chi ha sbagliato, trattandolo come persona e non come errore.
Papa Francesco e il carcere chiamato “Basilica”