La mattanza infinita: l'inchiesta si allarga, la vergogna pure
L'orrore nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sembra non avere fine.
Quella che già si configurava come una delle pagine più buie e vergognose del nostro sistema penitenziario si arricchisce di un nuovo, sconcertante capitolo.
La Procura ha chiuso le indagini preliminari nei confronti di altri 32 agenti della Polizia Penitenziaria, accusati di aver partecipato ai pestaggi brutali e alle torture inflitte ai detenuti il 6 aprile 2020.
Si aggiungono così ai già 105 imputati (tra agenti, funzionari del Dap e medici) del maxi processo in corso, delineando i contorni di un sistema di violenza che lascia senza fiato.
La punta dell'Iceberg: Il sospetto di un orrore nascosto
È fondamentale gridarlo forte: questo ennesimo sviluppo, per quanto grave, sappiamo bene essere soltanto la punta dell'iceberg.
Quanti altri atti di violenza, quanti abusi, quante umiliazioni restano sepolti dietro il muro di omertà e l'impenetrabilità delle strutture carcerarie?
Le celle chiuse ermeticamente, l'isolamento, la difficoltà estrema nel denunciare rendono le carceri luoghi dove l'orrore può diventare quotidianità invisibile.
I casi come quello di Santa Maria Capua Vetere, che emergono con fatica grazie a video o indagini coraggiose, potrebbero essere solo la manifestazione sporadica di un cancro ben più esteso e radicato, che divora i diritti e la dignità umana nel silenzio complice di troppi.
Crudeltà e umiliazioni: Le accuse agghiaccianti
Le accuse mosse dai PM Maria Alessandra Pinto e Daniela Pannone sono pesantissime e dipingono un quadro di crudeltà inaudita: abuso di autorità, lesioni aggravate e, soprattutto, tortura.
I detenuti del reparto Nilo sarebbero stati vittime di una vera e propria spedizione punitiva.
Pestaggi selvaggi e umiliazioni degradanti
Secondo l'accusa, una parte dei reclusi venne trascinata con la forza in un altro reparto e lì pestata selvaggiamente con schiaffi, pugni, calci e manganellate.
Tra le vittime anche Hakimi Lamine, colpito ripetutamente fino ad accasciarsi.
La sua morte, avvenuta circa un mese dopo (ufficialmente per overdose da farmaci), getta un'ombra ancora più cupa e inquietante sull'intera vicenda.
Altri detenuti sarebbero stati costretti a subire umiliazioni degradanti e disumane: fatti uscire dalle celle, ammassati negli spazi comuni e lì sottoposti a una "pluralità di violenze, minacce gravi ed azioni crudeli".
Costretti a denudarsi, a inginocchiarsi, a subire il taglio forzato di barba e capelli. Atti che lo stesso Giudice per le Indagini Preliminari aveva definito, senza mezzi termini, una "orribile mattanza".
Il pretesto della sicurezza per scatenare la furia
E quale sarebbe la "giustificazione" per tale barbarie?
La Procura è chiara: la necessità di ristabilire il controllo con la forza bruta e forse ancor più grave, appagare la sete di vendetta del personale dopo la legittima protesta dei detenuti del giorno precedente.
Protesta scatenata dalla richiesta, sacrosanta, di dispositivi di protezione individuale dopo che nel carcere si era verificato un caso di Covid-19.
Una richiesta di sicurezza trasformata nel pretesto per un'esplosione di violenza inaccettabile.
Il fango dei falsi referti e l'ombra sui non identificati
Ma l'infamia non si esaurisce nella violenza fisica e psicologica.
Alcuni agenti indagati avrebbero persino simulato aggressioni (cosa che avviene molto spesso, Ndr) mai subite da parte dei detenuti, mentendo spudoratamente al medico di turno per ottenere falsi referti medici.
Un tentativo disgustoso di ribaltare la realtà, di trasformare i carnefici in vittime e di infangare ulteriormente persone già private della libertà e della dignità.
Un dettaglio agghiacciante emerge inoltre dalle carte: si stima che moltissimi degli agenti coinvolti nei pestaggi (forse centinaia) non siano stati ancora identificati. Questo apre scenari ancora più cupi: quanto è profondo il marcio? Quanti responsabili la faranno franca?
Giustizia lenta e ostacolata: L'Appello per gli assolti
Mentre l'inchiesta principale si allarga, si muove faticosamente anche un altro fronte giudiziario.
È iniziato il processo d'Appello per Angelo Di Costanzo e Vittorio Vinciguerra, i due soli agenti incredibilmente assolti in primo grado (con rito abbreviato).
Una sentenza che la Procura e le parti civili hanno giustamente impugnato, determinate a cercare giustizia fino in fondo.
Significativamente, la prima udienza d'appello è stata rinviata per mancate notifiche a decine di parti civili.
Un ulteriore ostacolo in un percorso verso la verità già tremendamente complesso.
Questa vicenda è uno schiaffo alla civiltà giuridica e ai principi fondamentali di uno Stato di diritto.
È un monito terribile su ciò che può accadere quando chi dovrebbe tutelare la legge abusa del proprio potere nel chiuso di mura invalicabili.
Non possiamo e non dobbiamo accettarlo.
Ecco a voi l'elenco dei grandi "eroi", i nuovi indagati sono:
- Alberto Elia
- Armando Della Corte
- Vincenzo Ghezzi
- Cesareo Marrandino
- Marco Mosca
- Vito Aversano
- Antonio Curvo
- Domenico Garofalo
- Arturo Amato
- Marcello Zanna
- Aurelio Heriberto Clemente
- Angelo Tartaro
- Luigi D'Ambrosio
- Pasquale Amato
- Nicola Macalle'
- Emilio Paone
- Luigi Grimaldi
- Agostino Pignataro
- Luigi Martino
- Generoso Sanseverino
- Nicola Bazzicalupo
- Mauro Cerrato
- Antonio Santini
- Maximiliano Battaglia
- Umberto Sollo
- Eduardo Gammella
- Ciro Bazzicalupo
- Sossio Vitale
- Gennaro Ottaviano
- Vincenzo Russo
- Salvatore Salviati