Speravamo di non dover dare questa notizia.
Speravamo, soprattutto in questi giorni di Pasqua, di non dover aggiornare la tragica conta degli "omicidi di Stato" nelle galere italiane.
Purtroppo, il male, l'indifferenza, l'inciviltà hanno avuto ancora una volta la meglio.
Ieri sera, a Rebibbia, un'altra vita è stata spezzata, si tratta di un Uomo di circa 40 anni, con noti problemi psichici, che si è tolto la vita impiccandosi alla porta della propria cella.
Siamo a TRENTA. Trenta persone che lo Stato aveva in custodia e che, di fatto, ha lasciato morire.
Un sistema Penitenziario marcio e assassino
Non chiamatela fatalità.
Questa è l'ennesima, drammatica conferma di un sistema penitenziario al collasso, che viola sistematicamente i diritti umani fondamentali e calpesta quel principio costituzionale della "funzione rieducativa" che suona ormai come una beffa atroce. Rebibbia, come tutte le carceri Romane e troppe in Italia, soffoca sotto un sovraffollamento folle, che a livello nazionale ha superato l'incredibile soglia del 133%!
A Roma, a fronte di una capienza teorica di 2.400 posti, si ammassano oltre 3.000 esseri umani, stipati in celle invivibili, senza alcun accesso reale a percorsi che non siano di abbrutimento, privati di un sostegno psicologico degno di questo nome.
È una situazione insostenibile, che diventa letteralmente mortale per chi vive condizioni di fragilità.
La complicità di una Politica cieca e repressiva
Questo "omicidio di Stato", come i 29 che lo hanno preceduto quest'anno, non è un incidente.
È il prodotto diretto di una politica carceraria miope, repressiva e disumana.
Una politica che per anni ha colpevolmente ignorato gli appelli disperati di associazioni, garanti, operatori del settore.
La politica – TUTTA, sia chiaro, da destra a quel che resta del centrosinistra – ha preferito inseguire pericolose e ipocrite pulsioni securitarie, blaterando di "sicurezza" e "tolleranza zero", mentre chiudeva gli occhi sul fatto che in carcere si muore, si impazzisce, si viene abbandonati a un destino infame.
Il dramma nel dramma: Malattia mentale e abbandono
Come se non bastasse, c'è il gravissimo, scandaloso problema della carenza di posti nelle REMS.
Persone con disturbi psichiatrici, la cui condizione è palesemente incompatibile con la detenzione, vengono lasciate a marcire in carcere, dove le cure sono ridicole o inesistenti.
È inaccettabile trasformare le prigioni in vere e proprie discariche sociali, dove si rinchiude chi avrebbe disperatamente bisogno di assistenza e cura.
Basta palliativi: Servono INDULTO e AMNISTIA subito!
È ora di dire basta all'ipocrisia e all'indifferenza!
Di fronte a questa carneficina, di fronte a un sovraffollamento criminale al 133%, non si può più tergiversare con misure inutili.
Le uniche scelte sensate, le uniche scelte umane da fare immediatamente sono INDULTO E AMNISTIA.
È l'unica, ripetiamo, UNICA via per decongestionare subito queste strutture infernali, per fermare il massacro e forse creare lo spazio per avviare – finalmente! – una riforma seria e interventi mirati a modificare radicalmente le condizioni disumane dei detenuti in Italia.
Chiudete queste carceri illegali: Siete complici!
Ogni morte in carcere è una sconfitta dello Stato, della politica, della società intera. Ma è ora di chiamare le cose con il loro nome: questi non sono suicidi, sono OMICIDI DI STATO.
Chi, tra le linee di comando e nella stanza dei bottoni, non ha fatto tutto il possibile per scongiurare queste tragedie ha una responsabilità personale diretta e gravissima.
Queste non sono più carceri nel senso costituzionale del termine.
Sono luoghi illegali di tortura psicologica e abbandono. Chiudetele!
Smettetela di chiamarli suicidi. Siete complici di questa strage silenziosa.