Il bollettino di guerra della Giustizia Italiana: Mille innocenti sacrificati ogni anno
È un dato che dovrebbe scuotere le coscienze, ma che troppo spesso resta confinato nelle statistiche: in Italia, in media 1000 persone all'anno vengono incarcerate per poi essere riconosciute innocenti.
Un numero spaventoso che traduce la fredda burocrazia in drammi umani devastanti. Per molti, "se va bene", si tratta "solo" di mesi di galera e di un'esistenza – affettiva, lavorativa, sociale – irrimediabilmente compromessa.
Per altri, come dimostrano storie tristemente note, l'epilogo è ancora più tragico. Questo è il prezzo intollerabile di un sistema che fallisce, infliggendo ferite che nemmeno un'assoluzione tardiva può sanare.
Una proposta di legge contro l'indifferenza dello Stato
Di fronte a questo scandalo sistemico, emerge una proposta di legge di iniziativa popolare.
L'obiettivo? Garantire una misera provvisionale economica a chi esce da un incubo giudiziario dopo un'assoluzione o nei casi accertati di ingiusta detenzione.
La raccolta firme (ne servono 50.000) è partita, spinta dalla famiglia di Beniamino Zuncheddu, l'ex pastore sardo costretto a passare 33 anni in carcere da innocente per un triplice omicidio del 1991, prima che la verità venisse faticosamente a galla nel gennaio 2024.
È Irene Testa, tesoriera del Partito Radicale e volto di questa battaglia, a denunciare senza mezzi termini l'assurdità della situazione attuale: «La cosa che più fa impressione è che il legislatore non abbia finora mai previsto nessuna forma di sostegno a chi dopo tanti anni viene assolto.
Lo Stato non interviene, non concede nessun tipo di sostegno».
Un vuoto normativo che sa di cinismo.
Prima di vedere un risarcimento, che spesso non ripaga nemmeno lontanamente il danno subito, possono passare anche 10 anni.
Un'eternità inaccettabile per chi, uscito dal carcere, si ritrova senza nulla.
«Sono tante le persone che non avendo una famiglia alle spalle sono costrette a chiedere aiuto alla Caritas o accumulare debiti per poter tirare avanti», prosegue Testa.
Questa non è una concessione, ma una legge di minima civiltà, necessaria per colmare un buco nero legislativo.
Non si può continuare a ignorare che queste persone subiscono due condanne: la prima, ingiusta, dietro le sbarre; la seconda, altrettanto crudele, è l'abbandono dello Stato una volta riconosciuta la loro innocenza.
È un dovere morale e giuridico dello Stato non voltare le spalle alle vittime dei propri errori.
La testimonianza di chi ha subito: "costretti a subire la fame dopo il carcere"
A farsi portavoce del dramma vissuto da troppi è Giuseppe Gulotta, promotore della proposta di legge in Cassazione.
La sua vita è stata segnata da 22 anni di carcere da innocente.
La sua testimonianza è un pugno nello stomaco: «Quando sono uscito nessuno mi ha aiutato.
Non solo noi vittime di errori giudiziari abbiamo vissuto l'ingiustizia del carcere ma siamo anche costretti a subire la fame una volta usciti».
Parole durissime che fotografano una realtà umiliante: «Solo se hai un supporto puoi cavartela.
Se hai una famiglia alle spalle, altrimenti finisci alla Caritas».
L'appello di Gulotta, lanciato insieme a Irene Testa, Gaia Tortora e il Partito Radicale, è rivolto a tutti i cittadini e ai media, troppo spesso distratti: «Dateci una mano a far conoscere la proposta di legge».
Un tentativo disperato di ottenere un minimo di dignità per chi è stato tradito proprio da quello Stato che avrebbe dovuto proteggerlo.
La domanda resta: basterà una provvisionale a compensare vite spezzate e la vergogna di un sistema incapace di ammettere e riparare i propri fallimenti?
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