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Morte in carcere di Ivan Lauria: Quando lo Stato fallisce e la giustizia è un miraggio lontano

Un giovane di 28 anni, invalido, muore sotto la custodia dello Stato. La famiglia implora verità, ma la risposta è un'inchiesta lenta e un silenzio assordante.
11 aprile 2025 di
Morte in carcere di Ivan Lauria: Quando lo Stato fallisce e la giustizia è un miraggio lontano
L R

La piazza di Messina urla un dolore che è anche un atto d'accusa contro un sistema che permette l'inconcepibile
Il sit-in davanti al Palazzo di Giustizia per Ivan Lauria, il detenuto messinese di soli 28 anni morto nel carcere di Catanzaro il 15 novembre 2024, non è solo una richiesta di verità, ma la denuncia di un fallimento collettivo
Come può, in un paese che si vanta di civiltà, un giovane uomo, per di più con una disabilità riconosciuta al 75%, morire mentre è sotto la responsabilità diretta dello Stato?

L'angoscia di una madre, il silenzio delle Istituzioni

Michela Lauria, la madre di Ivan, incarna la disperazione dignitosa di chi si scontra con un muro di gomma. "Finora si sa poco, voglio capire cosa è successo", ripete. 
La sua non è solo la richiesta legittima di conoscere la causa ufficiale del decesso, ma un'esigenza ben più profonda e drammatica: "voglio sapere cosa è accaduto prima, dal 2 al 15 novembre, voglio risposte". 
Questo appello disperato evidenzia una falla intollerabile: la mancanza di trasparenza, l'opacità che avvolge gli ultimi giorni di vita di suo figlio. 
In uno Stato di diritto, la custodia implica responsabilità totale, non un cono d'ombra dove le domande restano sospese.

Carcere: Rieducazione o anticamera della morte?

L'avvocato Pietro Ruggeri, che assiste la famiglia, pone una questione fondamentale che dovrebbe scuotere le coscienze: "Il carcere deve essere un luogo di rieducazione non un posto dove una persona invalida al 75% come Ivan perde la vita a 28 anni". 
Queste parole non sono solo una difesa legale, ma una condanna morale dell'intero sistema carcerario italiano
Se un luogo deputato (almeno in teoria) al recupero diventa una trappola mortale, specialmente per i soggetti più vulnerabili, allora lo Stato ha tradito la sua funzione primaria
La morte di Ivan non è un incidente isolato, ma il sintomo di una patologia sistemica che ignora i diritti fondamentali dietro le sbarre.

Giustizia: Diritto sacrosanto o lenta elemosina?

Certo, c'è un'inchiesta della procura di Catanzaro, si attende l'autopsia. 
Ma questa "normalità" procedurale stride terribilmente con l'urgenza della verità e con il concetto stesso di giustizia. 
In un paese veramente civile, la giustizia non dovrebbe essere un'attesa estenuante, quasi un'elemosina concessa ai familiari distrutti dal dolore. 
Dovrebbe essere un diritto fondamentale, esercitato con rapidità, trasparenza ed efficacia, non solo per i familiari di Ivan, ma per l'intera società che esige responsabilità quando lo Stato fallisce così clamorosamente. 
Ogni giorno di ritardo, ogni dettaglio non chiarito, è un'ulteriore offesa alla memoria di Ivan e al principio stesso di giustizia
La presenza della garante comunale Lucia Risicato, di consiglieri e cittadini, è un segnale, ma non basta: serve una risposta forte, chiara e immediata dalle istituzioni che hanno il dovere di fare luce e prevenire che simili tragedie si ripetano. 
Perché non dovrebbero accadere. Mai.

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