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Italia condannata ancora! Detenuto malato abbandonato al Suo Destino: 18 tentativi di suicidio ignorati

L'ennesima, vergognosa condanna dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo inchioda l'Italia per la violazione del diritto alla cura. Il caso di Simone, lasciato marcire in cella nonostante gravi disturbi psichiatrici, è il simbolo di un sistema carcerario illegale, insostenibile e disumano, mentre il governo pensa solo a reprimere.
5 aprile 2025 di
Italia condannata ancora! Detenuto malato abbandonato al Suo Destino: 18 tentativi di suicidio ignorati
L R

L'Italia continua a collezionare condanne dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), confermando una situazione carceraria ormai fuori controllo, illegale e profondamente disumana
Solo pochi giorni fa, come avevamo già denunciato [Salute in carcere: Strasburgo condanna l'Italia per violazione del diritto alla cura], riportavamo l'ultima umiliazione per il nostro Paese in tema di diritto alla cura. 
Oggi, siamo costretti a raccontare un'altra storia agghiacciante, quella di Simone, che incarna tragicamente l'abbandono e l'indifferenza dello Stato.

La cronaca di un abbandono annunciato: 18 tentativi di suicidio

Simone, un ragazzo di 28 anni con tossicodipendenza, ritardo mentale e un grave disturbo della personalità certificato fin dall'infanzia (tanto da percepire una pensione di invalidità), ha cercato di togliersi la vita 18 volte tra il 2016 e il 2022, DICIOTTO
Spesso tentando l'impiccagione. 
A questo si aggiungono almeno 45 atti di automutilazione
Numeri che urlano disperazione, ignorati dalle autorità competenti.

La CEDU, su ricorso degli avvocati Antonella Calcaterra, Antonella Mascia e Davide Galliani, ha dovuto ancora una volta bacchettare l'Italia, condannandola a un risarcimento (irrisorio, 9mila euro) per la "mancanza di un adeguato trattamento medico e di una presa in carico" nonostante la gravità conclamata dei suoi problemi psichiatrici. 
Non solo: è stata accertata anche la violazione dell'articolo 6 della Convenzione (diritto a un tribunale), perché un ordine giudiziario di trasferimento in una struttura idonea è rimasto lettera morta.

Carceri al collasso: Il terreno fertile delle condanne CEDU

Il caso di Simone non è un incidente isolato. 
È la conseguenza diretta di un sistema carcerario al collasso, dove le condizioni di vita sono spesso terrificanti
Le condanne della CEDU contro l'Italia per trattamenti inumani e degradanti, sovraffollamento e negazione del diritto alla salute continuano ad accumularsi, disegnando il quadro di uno Stato incapace (o peggio, non interessato) a garantire la dignità umana dietro le sbarre.

Il cinismo delle valutazioni interne

Mentre Simone tentava di uccidersi, i diari clinici del carcere lo descrivevano come "agitato, confuso o sconforto", talvolta collegando i gesti estremi a richieste di cambio cella o farmaci. 
La risposta? Spesso il trasferimento in una "cella liscia", spoglia di tutto, o la semplice rimozione di oggetti pericolosi, una pezza, non una cura.

Ancora più grave, i Tribunali di Sorveglianza (come quello di Sassari) hanno avuto il cinismo di ipotizzare che il suo rifiuto dei farmaci potesse essere strumentale per ottenere misure alternative, anziché vederlo come un sintomo della sua patologia. Hanno così sistematicamente dichiarato la sua compatibilità con il regime carcerario, lavandosene le mani.

Governo repressivo: Decreti legge contro i diritti residui

E cosa fa il governo di fronte a questa emergenza umanitaria e di legalità
Invece di affrontare la situazione insostenibile delle carceri, avanza a colpi di decreti legge liberticidi, volti a reprimere e togliere quel poco di respiro rimasto, colpendo soprattutto la popolazione detenuta, già vessata da condizioni invivibili
Si preferisce stringere la morsa piuttosto che garantire diritti fondamentali come quello alla cura.

La sentenza CEDU: Un atto d'accusa netto

La Corte Europea è stata chiarissima: Simone soffre di gravi disturbi mentali
Anche se le relazioni interne concludevano per la curabilità in carcere, i numerosi atti di autolesionismo e tentativi di suicidio dovevano sollevare seri dubbi
Dubbi che le stesse autorità giudiziarie nazionali avevano manifestato. 
Questi gesti, scrivono i giudici, "testimoniavano un significativo malessere (...) che sembrava (...) aggravarsi con il passare del tempo".

La Corte rimprovera alle autorità Italiane di non aver esaminato la questione "con particolare rigore", data la vulnerabilità di Simone. 
Sarebbe stato necessario un esame approfondito, magari con una nuova perizia, sulla reale possibilità di curarlo adeguatamente in carcere.

Un fallimento di sistema, non un caso isolato

"Il caso di Simone è anche un fallimento nostro, di un sistema che non riesce a dare una prospettiva di vita diversa a un ragazzo problematico che non sia il carcere," commenta amaramente l'avvocata Calcaterra. 

Un fallimento che, purtroppo, si ripete con una frequenza allarmante, sotto gli occhi di un governo più interessato alla repressione che alla dignità umana e al rispetto della legge. 
L'ennesima condanna CEDU è l'ennesima macchia su un Paese che calpesta sistematicamente i diritti dei più vulnerabili.

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