Un altro morto dietro le sbarre: indagini aperte, ma il problema resta
Un detenuto romeno di 40 anni è stato trovato senza vita nel carcere di Paola. Secondo le prime ricostruzioni, l'uomo si sarebbe tolto la vita, ma sarà l'autopsia a stabilire con certezza le cause del decesso.
La Procura di Paola ha aperto un’indagine, come ormai avviene di routine, ogni volta che un prigioniero muore nel silenzio generale delle istituzioni.
Un altro caso archiviato come “suicidio”, un’altra vita spezzata, un’altra famiglia lasciata senza risposte.
Suicidi in carcere: una strage ignorata
Quanti morti servono prima che qualcuno si assuma la responsabilità di questa strage silenziosa?
Solo nel 2024, si sono registrati 90 suicidi in carcere, un dato allarmante che continua a crescere nel 2025.
Carceri sovraffollate, condizioni disumane, totale assenza di supporto psicologico. Sono questi i fattori che ogni giorno spingono i detenuti a compiere gesti estremi.
E la risposta dello Stato qual è?
Più polizia, meno assistenza. Più repressione, zero prevenzione.
Indifferenza istituzionale e tagli al supporto psicologico
La morte del detenuto di Paola non è un caso isolato, ma il risultato di un sistema fallimentare.
Invece di potenziare il supporto psicologico per chi è recluso in condizioni estreme, lo Stato ha tagliato risorse fondamentali:
- Meno psicologi e assistenti sociali.
- Tagli ai programmi di supporto per la salute mentale.
- Zero alternative alla detenzione per i soggetti più fragili.
Uno Stato che condanna due volte
Essere privati della libertà non significa essere condannati a morire nell’indifferenza. Ma per lo Stato italiano, chi entra in carcere smette di essere una persona, diventa un numero, un problema da ignorare fino a quando non si spegne da solo.
Quanti altri morti servono per far capire che il problema non è la mancanza di polizia nelle carceri, ma l’assenza di umanità, di tutele, di dignità per chi sconta una pena?
Basta silenzi: servono riforme, non repressione
L’indagine sulla morte del detenuto di Paola non cambierà nulla, proprio come non hanno cambiato nulla le indagini sui tanti altri detenuti suicidi. Le istituzioni sanno, vedono, ma tacciono.
È ora di dire basta:
- Basta carceri lager.
- Basta con il gioco ipocrita delle “indagini di rito” che non portano a nulla.
- Basta con la complicità di chi ignora questa mattanza.
Non servono più agenti, servono riforme.
Servono programmi di recupero, assistenza psicologica, condizioni di vita umane. Perché la vera giustizia non è punire fino alla morte, ma dare una seconda possibilità.
E lo Stato italiano, fino a quando ignorerà tutto questo, sarà complice di ogni singolo detenuto morto tra le sue mura.