È un attacco frontale, senza mezzi termini, quello sferrato dal Garante dei diritti dei detenuti della Toscana, Giuseppe Fanfani, contro le recenti mosse del Governo e, in particolare, contro il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.
Al centro del mirino, un decreto legge che, con cinica freddezza, mira a eliminare l'obbligo di rinvio della pena per le madri con figli sotto l'anno di età.
"Questo è un provvedimento securitario", tuona Fanfani, "che serve a dare un’immagine di un governo forte contro il crimine. Ma oggi le madri detenute con figli sono 11 in tutta Italia".
Un numero irrisorio, che smaschera la vacuità di una misura propagandistica a scapito della dignità umana.
Il decreto della vergogna: Madri e bambini sacrificati sull'altare della sicurezza
La presentazione del presidio "Madri Fuori", previsto per domenica alle Murate, è stata l'arena per questa dura requisitoria.
L'iniziativa, promossa dalla Società della ragione e supportata con vigore dal Garante regionale, ha raccolto un fronte ampio e trasversale, da Cecilia del Re a Federico Gianassi, da Serena Spinelli ad Arturo Scotto (Pd) e Clelia Li Vigni (Avs), passando per associazioni come Casa delle donne Firenze e Donne insieme per la pace.
"Non è un provvedimento accettabile", ribadisce Fanfani, sottolineando l'inadeguatezza di un approccio che ignora soluzioni alternative e più umane.
Le critiche si estendono ferocemente anche alla presunta soluzione degli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri).
Denise Amerini, responsabile Cgil nazionale per il carcere, non usa giri di parole: "sono vere e proprie prigioni".
E per di più, sono una chimera: solo tre in tutto il Nord Italia.
La proposta alternativa, ben più civile, è quella di puntare sulle case famiglia, una soluzione colpevolmente ignorata.
Monica Toraldo di Francia, filosofa e membro della Società della ragione, rincara la dose: "Assistiamo a un peggioramento.
Già 260 costituzionalisti hanno preso una posizione contro questo provvedimento". Un coro di dissenso autorevole, che il governo sembra voler ignorare.
Sollicciano, emblema di un sistema carcerario inumano e fallimentare
Ma la furia critica di Fanfani non si ferma al decreto.
Il carcere di Sollicciano diventa il simbolo plastico di un sistema al collasso.
La sua posizione è netta: andrebbe "demolito totalmente".
Un giudizio che si scontra frontalmente con la visione del sottosegretario Andrea Delmastro, che, dopo una recente visita all'istituto, si è detto contrario alla demolizione.
Le parole di Delmastro, secondo Fanfani, "non sono consone a un progetto di recupero sociale dei detenuti".
Sollicciano, per il Garante, "ha dimostrato di essere inadatto, anche a un sistema custodiale". La sua stessa mastodontica dimensione è un ostacolo insormontabile: è nelle "carceri piccole che è possibile avere un sistema di recupero sociale", sentenzia Fanfani, mettendo a nudo l'inefficacia di una politica carceraria basata più sull'apparenza che sulla sostanza.
La stizzita reazione di Fratelli d'Italia: Torselli difende l'Indifendibile
Inevitabile e scomposta la reazione da parte di Fratelli d'Italia.
L'eurodeputato Francesco Torselli si erge a difensore d'ufficio di Delmastro, etichettando le parole di Fanfani come "sgarbate e istituzionalmente poco eleganti".
L'accusa è quella, trita e ritrita, di "fare politica", per di più "con toni demagogici".
Torselli lamenta una presunta "visione ideologica" da parte del Garante, quasi che difendere i diritti fondamentali e denunciare condizioni disumane sia un peccato di lesa maestà.
Il sostegno a Delmastro è, ovviamente, incondizionato: "ha posto attenzione sul carcere e ha annunciato interventi concreti".
Interventi che, a quanto pare, si traducono in misure punitive e nel mantenimento di strutture fatiscenti.
La chiosa velenosa di Torselli ("Tutte azioni che i governi amici di Fanfani non hanno mai compiuto, forse è per questo che si è tanto inalberato") rivela più l'imbarazzo di un partito sotto accusa che una reale argomentazione.
La verità è che le critiche di Fanfani colpiscono nel segno, svelando l'ipocrisia di una politica carceraria più attenta agli slogan che alla dignità delle persone.