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Camilla Fanelli Alfiere della Repubblica: La speranza oltre le sbarre, un modello contro la repressione

La giovane Camilla Fanelli nominata Alfiere da Mattarella per il suo impegno con i detenuti di Monza.
6 aprile 2025 di
Camilla Fanelli Alfiere della Repubblica: La speranza oltre le sbarre, un modello contro la repressione
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Un riconoscimento inatteso e una gioia contagiosa

Quando il telefono è squillato giovedì mattina, portando la voce del Quirinale, per Camilla Aurora Fanelli è iniziato un vortice di emozioni. 
La studentessa Milanese di Fisioterapia, appena 21enne, è stata nominata Alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella
"Non credo di aver ancora metabolizzato," confessa con un sorriso radioso. 
"Andrò a Roma il 15 maggio per il riconoscimento e spero di rendermi conto appieno. Per ora, sono semplicemente molto felice."

Una felicità che Camilla ha subito condiviso con chi, ogni sabato mattina, la attende sul campo da volley nella casa circondariale di Monza: i 12 detenuti che allena insieme al padre Francesco, alla sorella Alice e ad altri coach del CSI. 
"Gliel'ho detto all'inizio dell'allenamento, erano increduli come me," racconta. 
Quella tra le mura del carcere è un'esperienza che le sta "dando moltissimo", un impegno iniziato tre anni fa e che intende portare avanti con convinzione.

Liberi di giocare: Lo sport come ponte

L'avventura è nata grazie al progetto "Liberi di giocare" del CSI, che promuove la valenza educativa dello sport anche in contesti difficili. 
È stato il padre a coinvolgerla: "Papà allenava già con Alice. 
Quando il CSI ha cercato volontari per il carcere, ha detto subito sì e ha chiesto a noi sorelle. Io amo la pallavolo da sempre, ho colto al volo l'opportunità."

All'inizio, l'incredulità era tanta: "Non pensavo chiamassero proprio noi," ricorda Camilla. 
Invece, quel campo è diventato un luogo di incontro prezioso. "I detenuti sono italiani e stranieri, tra i 30 e i 40 anni, ma ci sono anche ragazzi della mia età. 
Parliamo tanto, di tutto, come faccio con i miei amici. 
Sono persone normali, che potresti incontrare per strada."

Oltre lo stigma: Riscoprire l'umanità

L'esperienza diretta ha permesso a Camilla di toccare con mano una verità fondamentale: "Non basta una singola azione sbagliata a definire una persona," sottolinea con forza. 
"Hanno commesso un errore, certo, ma non si riducono solo a quello
Frequentare il carcere mi sta aprendo la mente.
Questa consapevolezza è il cuore pulsante di un approccio basato sull'ascolto e sulla relazione, l'esatto opposto della logica puramente punitiva.

Settimana dopo settimana, Camilla osserva l'impegno crescente dei detenuti. 
"Per loro, questa è un'opportunità preziosa per sottrarsi alla routine carceraria," spiega. 
"Sono entusiasti, vogliono giocare bene." 
L'iniziativa ha successo, tanto che molte squadre esterne del CSI chiedono di partecipare alle amichevoli organizzate all'interno: "Oggi abbiamo giocato contro un team di Cormano, è stato bello."

Un modello umano contro la spirale della repressione

L'esempio luminoso di Camilla e del progetto "Liberi di Giocare" stride fortemente con le politiche carcerarie repressive volute dall'attuale esecutivo (Governo Meloni, Ndr). Mentre esperienze come quella di Monza dimostrano che investire sull'umanità, sulla relazione e sul reinserimento porta frutti tangibili – riducendo tensioni e offrendo prospettive –, l'insistenza su un approccio unicamente punitivo sta alimentando una pericolosa spirale di violenza all'interno degli istituti penitenziari.

Le cronache recenti dalle carceri Italiane parlano chiaro: sovraffollamento, carenza di personale e, soprattutto, una mancanza di visione orientata al recupero creano un clima insostenibile. 
In questo contesto, misure puramente repressive, anziché risolvere i problemi, rischiano di esacerbarli, negando la dignità umana e rendendo il carcere una polveriera invece che un luogo di possibile trasformazione.

Il reinserimento funziona, la repressione NO!

L'esperienza di Camilla è una testimonianza vivente: trattare i detenuti come persone, offrire loro opportunità di crescita e impegno, permette di costruire ponti e non muri. È un modello che funziona, che apre alla speranza e riduce la recidiva. 
Al contrario, la strada della sola repressione, ulteriormente rafforzata da provvedimenti come il nuovo DL "Sicurezza" – che minaccia di comprimere diritti fondamentali non solo per i detenuti, ma per tutti i cittadini –, è una via cieca che ignora le cause profonde del disagio e della criminalità.

Un futuro da costruire sull'umanità

L'impegno di Camilla è un faro: "Finché il programma 'Liberi di giocare' continuerà, io ci sarò," afferma con determinazione. 
La sua storia, premiata dal Presidente Mattarella, non è solo un racconto di generosità individuale, ma un potente messaggio politico e sociale: la vera sicurezza si costruisce investendo sulle persone, sulla loro dignità e sul loro potenziale di cambiamento, non alzando muri o inasprendo pene. 
È questa la strada ottimista e concreta per un futuro migliore, dentro e fuori le carceri.

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