Countdown Manifestazione
Mancano
00gg 00h 00min
alla Manifestazione!
Passa al contenuto

Carceri Dantesche: Lo Stato e la sua strafottenza, veri colpevoli della crisi Carceraria

La rivolta ad Arghillà svela un sistema fallimentare che trasforma i detenuti in vittime di condizioni disumane e di una gestione statale negligente.
15 marzo 2025 di
Carceri Dantesche: Lo Stato e la sua strafottenza, veri colpevoli della crisi Carceraria
L R

Reggio Calabria – Nel cuore del carcere di Arghillà, che molti definiscono un inferno dantesco, si è scatenato un episodio che non riguarda tanto i reati dei detenuti, ma la strafottenza dello Stato
Le immagini di una sommossa, avvenuta ieri mattina al termine dell’ora d’aria, rappresentano soltanto il sintomo visibile di una crisi strutturale e organizzativa profonda.

In un istituto che ospita oltre 350 detenuti, molti dei quali afflitti da gravi patologie psichiatriche, la sovrappopolazione e la carenza di personale qualificato hanno creato un ambiente esplosivo. 
Le condizioni di vita all’interno di queste mura, che dovrebbero essere luoghi di rieducazione, si sono trasformate in scenari di disperazione e violenza. 
Non è colpa dei detenuti se reagiscono a una realtà che li costringe a vivere in spazi angusti e disumani: sono vittime di un sistema che li ha abbandonati.

Le autorità, invece di riconoscere le proprie responsabilità, si precipitano a incolpare chi, già intrappolato in una situazione insostenibile, si trova costretto a esprimere il proprio disagio. 
Il vero problema risiede nella mancanza di investimenti e nella gestione misera delle strutture carcerarie, che vengono continuamente ridotte a mere prigioni infernali
Il personale, schiacciato da turnazioni ridotte e dalla totale mancanza di risorse, non può compensare il disservizio di una politica che ignora i diritti fondamentali dei detenuti.

L’episodio ad Arghillà non è un caso isolato, ma il riflesso di un sistema penitenziario in crisi. 
Lo Stato, con la sua indifferenza e la politica dell’austerità, ha trasformato queste strutture in veri e propri inferni danteschi, dove l’umiltà e la dignità umana vengono costantemente calpestate. 
I detenuti, spesso etichettati come criminali, meritano invece comprensione e un supporto adeguato, perché sono vittime di una gestione fallace che li spinge verso situazioni limite.

È tempo che il governo si assuma le proprie responsabilità e investi in infrastrutture decenti, aumentando il personale e garantendo condizioni di vita che rispettino la dignità umana. 
La rivolta ad Arghillà deve essere ascoltata come un grido d’allarme, un segnale inequivocabile che le carceri dantesche non possono continuare a esistere in un sistema che abbandona chi è già in difficoltà. 
La trasformazione del sistema penitenziario è un dovere morale e sociale, perché ogni detenuto merita di essere trattato con giustizia e umanità, non come un semplice numero in un registro di una politica disumana.

Commenti